2 febbraio, Festa della Candelora
Don Franco spiega il significato della celebrazione liturgica nota anche come "Festa della Luce"
La festa della Presentazione del Signore, il quarantesimo giorno dopo Natale, ha per oggetto fatti biblici accaduti nel Tempio di Gerusalemme e narrati da Luca nel suo Vangelo. Per gli Ebrei ogni figlio primogenito era considerato di proprietà del Signore e, presentato a Lui nel Tempio, poteva essere riscattato con offerte in denaro o animali. Quando Gesù, Figlio unigenito di Dio, fu presentato al Tempio non era che un bambino piccolo, umile e disarmante.
Due anziani, Simeone ed Anna, seppero invece riconoscere in quel bambino la vera luce che sarebbe brillata per tutta l'umanità, presente e futura.
La festa di oggi, che celebra la Presentazione di Gesù al Tempio, è detta anche Festa della Luce, Festa delle Candele o della "Candelora".
Questi nomi derivano da due diverse feste originarie di Gerusalemme e di Roma. Eteria, (390) una consacrata, narra che a Gerusalemme il quarantesimo giorno dopo l'Epifania, allora unica festa della nascita di Gesù, si festeggiava con una solenne celebrazione, chiamata festa dell'incontro, già dotata di una fiaccolata con lumi.
A Roma, invece, durante la festa del quarantesimo giorno dopo Natale si andò consolidando una processione detta dei lumi che alla fine sostituì un'antica processione pagana, che aveva luogo ogni cinque anni, all'inizio di febbraio, come processione cittadina a carattere penitenziale.
Infatti S. Cirillo di Alessandria (U 444) proclamava:
“Celebriamo il mistero di questo giorno con lampade fiammeggianti”.
Da Gerusalemme la festa si diffuse in tutto l’Oriente col nome di “Ipapantè”=Incontro. Il Papa siriano Sergio I (687- 701) introdusse a Roma la celebrazione collocandola al 2 Febbraio. Nel Gelasiano, antico Messale, è chiamata col nome De Purificatione Mariae, secondo le prescrizioni legali di Es. 13,1-3 e Lv 12, 1-8). L’aspetto che occorre rilevare è il significato della Legge riguardante il primogenito. Questi, prima della liberazione dall’Egitto, era nella schiavitù, quindi nella morte. Soltanto l’intervento di Dio ha potuto salvarlo e liberarlo. La presentazione al Tempio del primogenito significa che egli è offerto a Dio in ricordo degli eventi dell’Esodo e Dio lo restituisce ai genitori. Il sacrificio e il riscatto esprimono il segno della volontà salvifica e liberatrice di Dio. Maria e Giuseppe, presentando il Bambino al Tempio, riconoscono che Gesù è “proprietà” di Dio ed entra nel piano di attuazione del disegno divino perché “è salvezza e luce per tutti i popoli” (Lc 2,30-32).
Nella liturgia i fedeli, con il cero in mano, simboleggiano il cammino del popolo di Dio verso la luce infinita, resa visibile dal Cristo. La luce di Dio risplenderà su tutti coloro che sapranno accoglierla con umiltà e si manifesterà nella purezza del loro cuore e nell'amore ai fratelli.
Come tutti i bambini della sua età, Gesù viene presentato al Tempio nel rispetto della legge di Mosè per essere inserito così nella comunità del popolo d'Israele. Per Gesù, invece, la presentazione riveste subito un carattere speciale. Riconosciuto dal vecchio Simeone come il Messia del Signore è proclamato luce per illuminare le genti. Ciascuno di noi col Battesimo ha ricevuto la luce di Cristo, ciascuno di noi è passato dalle tenebre del peccato alla luce della fede. Ma poi, spesso, ce ne siamo dimenticati.
Oggi è un’occasione propizia per chiedere al Padre di donarci lo Spirito di fortezza per tornare ad essere, come la candela che abbiamo acceso, segno della luce di Cristo: luce di fede e di amore verso Dio e verso i nostri fratelli.
PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO
L'evangelista Luca, all'inizio della narrazione, si collega alla Legge mosaica secondo la quale la madre, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, doveva presentarlo al Tempio e offrire in sacrificio al Signore, per la sua purificazione, un agnello oppure una coppia di colombe.
La consacrazione del primogenito (come di ogni primizia) ricordava a tutto il popolo d'Israele il primato di Dio sulla vita e sull'intera creazione. Maria e Giuseppe, pertanto, obbedienti alla legge di Mosè fecero quanto era prescritto e portarono Gesù nel Tempio per consacrarlo al Signore.
Erano poveri e non potendo acquistare l'agnello per il sacrificio offrirono una coppia di colombe, in realtà essi donavano a Dio il "vero agnello" per la salvezza del mondo. Tornerà nella città santa al termine della sua vita, ma non più offerto nel Tempio e non più posto sulle braccia di Simeone, sarà invece condotto fuori le mura della città e sarà inchiodato sulle braccia della croce. Oggi le braccia di Simeone lo prendono e lo stringono con affetto, ma nelle parole di questo saggio vecchio si delinea già il futuro del Bambino:
"Sarà rovina e resurrezione per molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori", e guardando la madre - quasi prefigurando la scena della croce - aggiunge: "Anche a te una spada trafiggerà l'anima". Simeone, uomo giusto e timorato di Dio che "sospirava" il conforto d'Israele, "mosso dallo Spirito, si recò nel Tempio... prese il bambino tra le braccia e benedisse Dio". Come prima fecero Maria e Giuseppe, ora anche Simeone "prende il Bambino con sé" ed è riempito di una consolazione senza limiti tanto che dal suo cuore salì una tra le preghiere più belle della Bibbia: "Ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace... perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti". Era anziano Simeone, come pure la profetessa Anna (il Vangelo ne precisa l'età, ottantaquatttro anni). In essi sono rappresentati certamente tutto Israele e l'umanità intera, che attende la "redenzione", ma possiamo vedervi anche le persone più avanti negli anni, gli anziani.. Ambedue, assieme al gruppo dei pastori e dei magi, furono i primi missionari del Vangelo.
Questa pagina evangelica del "solenne incontro" tra un Bambino e due anziani rivela quanto sia piena e gioiosa la vita: il Bambino, il piccolo libro dei Vangeli, posto nelle mani e nel cuore degli anziani opera ancora oggi miracoli incredibili. La fragilità della vita, anche quella che giunge con il passare degli anni, non è una condanna quando si incontra con l'amore e la forza di Dio.
Il Vangelo sa trarre energie nuove anche da chi il mondo sembra mettere da parte. L'età anziana può essere motivo di una nuova chiamata: basti pensare al tempo che si ha per pregare per la Chiesa, per la propria comunità, per il mondo intero, per invocare la pace o anche per visitare chi ha bisogno, e comunque per testimoniare la speranza nel Signore.
Nessuno è escluso dalla gioia del Vangelo. E il miracolo che Gesù compie in chi lo accoglie tra le sue braccia. La festa della Presentazione di Gesù al tempio è tra quelle - poche in verità - celebrate assieme dalle Chiese cristiane d'Oriente e d'Occidente. Di essa si ha memoria già nei primi secoli a Gerusalemme (era chiamata il "Solenne incontro" una processione per le strade della città ricordava il viaggio della Santa Famiglia da Betlemme a Gerusalemme con Gesù appena nato. Oggi, vediamo venirci incontro Simeone ed Anna, sono essi che ci annunciano il Vangelo, la buona notizia all'intera nostra società: un bambino, non forte né ricco, anzi debole e povero, può consolare, rallegrare e rendere persino operosa la vecchiaia. Così fu per loro. Non chiusero gli occhi sulla loro debolezza, sull'affievolirsi delle forze; in quel bambino trovarono una nuova compagnia, una nuova energia, un senso in più per la loro stessa vecchiaia. Simeone, dopo aver preso tra le sue braccia il Bambino, poté cantare il "Nunc dimittis" non con la tristezza di chi aveva sprecato la vita e non sapeva cosa sarebbe accaduto di lui; ed Anna, l'anziana, da quell'incontro ricevette nuova energia e nuova forza per lodare Dio e parlare del bambino" a chiunque incontrava. Nessuno è escluso dalla gioia del Vangelo: è il miracolo che Gesù compie in chi lo accoglie tra le sue braccia.
Don Francesco Catrame
Parroco di Santa Maria degli Angeli in San Nicola la Strada
e Delegato Diocesano per i diaconi permanenti
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